OSCAR 2022 - RECENSIONI DEI MIGLIORI FILM
Gli Oscar 2022 sono alle porte, al Dolby Theatre di Los Angeles, la notte del 27 marzo si terrà la 94esima edizione dei premi più ambiti nel mondo del cinema. La statuetta più prestigiosa è ovviamente quella per il miglior film, vediamo quindi quali pellicole hanno ottenuto una nomination in questa categoria, e quante chance di vittoria finale hanno.
DON’T LOOK UP
“Don’t look up” è l’ultimo film di Adam McKay ed è una delle pellicole più interessanti del 2021, uscita sia in sala che su Netflix. La trama segue le vicende di due astronomi, interpretati da Leonardo Dicaprio e Jennifer Lawrence, è proprio il personaggio a cui da volto la ragazza che scopre l’esistenza di un enorme meteorite in rotta di collisione verso il pianeta Terra. Quando i due provano ad avvertire le autorità superiori e il presidente degli Stati Uniti che la cometa entrerà in contatto con la Terra nel giro di sei mesi, non vengono presi sul serio da nessuno.
Il punto di forza del film è sicuramente l’empatia che si crea tra lo spettatore e i protagonisti, c’è il desiderio di schierarsi con loro, perchè sono scioccati dalla loro scoperta e nonostante questo vengono derisi e messi da parte dalla società, che reputa più importanti i programmi televisivi e i gossip tra cantanti famosi. Il film è uno sguardo a ciò che è diventata l’attualità nel mondo oggi, vissuta attraverso il filtro dei social, in cui si preferisce dubitare ed essere scettici piuttosto che affidarsi alla scienza; infatti è pieno di gente complottista, negazionista, incapace di ascoltare ma concentrati solo sui loro schermi. “Don’t look up” oltre a meritare grandi elogi per la sceneggiatura e lo sviluppo della narrazione che scorre in modo fluido, vanta un cast stellare: a partire dai due protagonisti, Leonardo Dicaprio e Jennifer Lawrence che interpretano alla grande due ruoli estremamente simili e diversi allo stesso tempo; uno è più razionale e affronta le discussioni con formalità, l’altra non riesce a gestire la tensione e vuole sbattere la realtà in faccia alla gente. Tra i due ho leggermente preferito la ragazza, ma forse perchè ha un ruolo più emotivo e che mette in risalto le capacità attoriali. Ma tutti si fanno da parte di fronte a Jonah Hill, che riesce allo stesso tempo a farsi disprezzare e a strappare risate allo spettatore.
La sua candidatura come miglior film è meritata e dimostra come gli Oscar si stiano espandendo e pescando nomination anche su piattaforme come Netflix; McKay ha fatto un ottimo lavoro, perchè non è facile realizzare una commedia sulla realtà odierna.
Voto: 9
DRIVE MY CAR
“Drive My Car”, film diretto da Ryûsuke Hamaguchi, racconta la storia di Yusuke, un attore e regista teatrale felicemente sposato, fino a quando sua moglie viene a mancare improvvisamente. Due anni dopo questo tragico evento, Yusuke viene ingaggiato per mettere in scena uno spettacolo. Durante le rappresentazioni conosce Misaki, una ragazza che è stata scelta per fargli da autista. Trascorrendo sempre più tempo insieme a bordo di una macchina rossa tra un tragitto e l'altro, i due legano molto e anche la riservata Misaki riesce ad aprirsi e a parlare di sé. L'attore e la sua autista iniziano a raccontarsi sinceramente, fino ad affrontare il tema del loro passato, delicato per entrambi
In "Drive my car” la struttura portante della narrazione non è la trama, ma i personaggi che ruotano intorno ad essa e le relazioni che si creano tra loro. Hamaguchi scrive sempre storie semplici così da lasciare spazio all’approfondimento dei temi che ha intenzione di trattare tramite l’uso delle parole e dei dialoghi. Il regista lascia da parte il lato più tecnico e visivo per concentrarsi sui due protagonisti, costruendo dei dialoghi profondi ed interessanti tra loro.
Il fulcro del film è il rapporto tra Misaki e Yusuke, dove l’autista si intrufola e prende il comando della macchina del regista, unica zona di comfort dove ancora ricorda la moglie tramite delle cassette. Questa invasione di spazio e di memoria costringe i due a passare molto tempo insieme così da instaurare un rapporto sempre più intenso e che sfocerà in un confronto che li costringerà ad aprirsi l’uno con l’altro.
Ha ottenuto una candidatura come miglior film, la concorrenza è alta ma potrebbe fare la sua figura; in caso non vincesse è anche candidato come miglior film internazionale.
Voto: 8
IL POTERE DEL CANE
“Il Potere del Cane”, film originale Netflix diretto da Jane Campion, ambientato nel 1925, vede al centro della storia la coppia dei ricchi fratelli Burbank, Phil, interpretato da uno straordinario Benedict Cumberbatch, e George, al quale da il volto Jesse Plemons. Sono proprietari di un enorme ranch in Montana che domina la vallata e sono molto diversi tra loro: Phil è un uomo brillante ma crudele, con un atteggiamento prepotente e violento, mentre George è una persona testarda e puntigliosa, ma sempre gentile. Quando George sposa in segreto la vedova Rose, Phil non accetta la cosa e inizia un continuo conflitto contro la donna, allo stesso tempo però, lega molto con Peter, figlio di Rose considerato come un emarginato.
Questo film ha le classiche ambientazioni western, ma è a tutti gli effetti un film drammatico, quindi non bisogna aspettarsi il classico western con cowboy, inseguimenti a cavallo e sparatorie. Si tratta infatti di una pellicola molto intimista, che si concentra sulla vita quotidiana dei protagonisti principali che danno vita alla vicenda. La regista sceglie di procedere con una narrazione lenta; in questo modo il film da una sua impronta ben precisa sin dall’inizio, ma con lo scorrere del tempo lo spettatore tende a percepire questa lentezza e la pellicola risulta pesante. Anche perché di per sé la trama non è molto affascinante, e di certo una narrazione lenta e apatica non è d’aiuto. Ma a rendere apprezzabile “Il Potere del Cane”, è tutto ciò che gira intorno alla trama; i personaggi, per esempio, sono pochi, ma molto interessanti. Ognuno è caratterizzato molto bene, Jane Campion si è voluta concentrare su pochi soggetti scrivendoli in modo impeccabile. Il cast ovviamente aiuta, soprattutto Benedict Cumberbatch che si conferma un attore di altissimo livello, con una parte centrale per lo sviluppo della pellicola. Un dettaglio particolare riguarda poi i dialoghi: a volte si tratta di semplici scambi di battute, a volte invece sono più profondi, ma forse ciò che conta di più sono i silenzi, le parole non dette, ma il cui significato è chiaro grazie per esempio un’espressione del viso, o un piccolo gesto.
In conclusione, “Il Potere del Cane” di certo non è un film per tutti. Si tratta infatti di un western autoriale visivamente affascinante per i paesaggi naturalistici e per una scelta cromatica che predilige le tonalità più calde. “Il Potere del Cane” è una pellicola che sembra aver conquistato i giudici degli Oscar, infatti ha ottenuto ben 12 nomination e sembra una delle maggiori favorite, tuttavia, è un film che per quanto interessante e ben fatto ha un ritmo decisamente troppo lento.
Voto: 8
LICORICE PIZZA
“Licorice Pizza”, di Paul Thomas Anderson, uscito nel 2021 in America ma arrivato solo recentemente nelle sale italiane, è ambientato a San Francisco negli anni Settanta e segue le vicende di un giovane liceale, il quindicenne Gary Valentine. Il giorno in cui a scuola si scatta la foto per l'annuario Gary incontra Alana Kane, una ragazza di diversi anni più grande di lui, da cui rimane fortemente colpito. I due iniziano a frequentarsi e a passare diverso tempo insieme, stringendo sempre più amicizia, tanto che finiscono per avviare un'azienda di letti ad acqua, gestita da Gary, ma con Alana come dipendente.
I due giovani vivono diverse avventure, girando tutta la città, crescendo ed innamorandosi sempre di più.
La trama è davvero molto semplice, la classica storia tra un lui e una lei, in cui non mancano nemmeno i litigi. Ma nonostante la trama possa sembrare vista e rivista, Paul Thomas Anderson riesce a rendere la storia tra i due giovani davvero affascinante. Colpisce soprattutto lo sviluppo della trama che è accompagnato da una tecnica registica di altissimo livello, le inquadrature e i piani sequenza sono stupende, mentre la fotografia cala perfettamente lo spettatore nell’atmosfera dei quartieri di San Francisco degli anni Settanta. La caratterizzazione dei personaggi è ottima ed è gestita parallelamente, visto che i due protagonisti si spostano continuamente per tutta San Francisco, e ciò serve anche per descrivere e mostrare la città.
Dunque “Licorice Pizza” (titolo ispirato ad una catena di negozi che negli anni ‘70 vendevano dischi vinili, che sono descritti appunto come una “pizza di liquirizia”) conferma appieno le ottime capacità registiche di PTA, e ha anche buone possibilità per la vittoria finale.
Voto: 8
I SEGNI DEL CUORE (CODA)
“I segni del cuore (CODA)”, racconta la storia di Ruby, una ragazza di diciassette anni che durante le prime ore del mattino, prima di entrare a scuola, lavora sulla barca di famiglia per aiutare i suoi genitori e suo fratello, lei è l'unica persona udente della sua famiglia.
Da quando la giovane ragazza entra a far parte del coro della scuola, inizia a coltivare un forte interesse per il canto. Il suo maestro la spinge a considerare una prestigiosa scuola di musica per il suo futuro, Ruby si troverà così davanti a un bivio: abbandonare i suoi adorati genitori per seguire il suo più grande sogno o continuare ad aiutare la sua famiglia.
Il film diretto da è un remake della pellicola francese “La famiglia Belier” del 2014, che viene spesso fatto vedere a scuola, infatti “CODA” ha proprio l’aria di un film scolastico. Chi ha già visto il film francese si chiederà il motivo per il quale “CODA” è stato candidato come miglior film, visto che non si percepisce nessuna novità, va bene che è un remake, ma bisogna sempre avere un tocco di originalità rispetto al film da cui ci si ispira.
L’unico elemento di apprezzamento sono gli attori, in particolare Emilia Jones e Troy Kotsur fanno un ottimo lavoro e le loro eventuali candidature in altre categorie sono meritate.
Per il resto, “I segni del cuore (CODA)”, ha davvero poco da offrire; c’erano altri film che meritavano una candidatura, tra tutti “Last night in Soho" ma anche molti altri a cui andava dato il giusto spazio al posto di questo; che tuttavia, sembra aver completamente conquistato Hollywood ed è una delle pellicole con più possibilità di vittoria finale, se la gioca con Jane Campion e “Il potere del cane”.
Voto: 5,5
UNA FAMIGLIA VINCENTE - KING RICHARD
“Una Famiglia Vincente - King Richard” è un film sportivo e biografico del 2021, anche se nelle sale italiane è arrivato nel 2022. La trama segue la storia delle due superstar del tennis, Venus e Serena Williams, tramite la figura del padre Richard, che sin dall'infanzia è stato il loro allenatore. Il film si svolge per la maggior parte a Compton, malfamato quartiere di Los Angeles ad alto tasso di criminalità, in cui viveva la famiglia Williams, il luogo viene mostrato come un posto pericoloso, che porterà vari problemi alle protagoniste.
Il film è godibile e la sceneggiatura è molto buona, ma il ritmo è decisamente troppo lento e due ore e mezza per un biopic di questo tipo sono davvero troppe. La durata si fa sentire e tende a far diventare il film pesante; in più, il cast ad esclusione di Will Smith non ha molto da offrire, anche a causa dei loro personaggi che non hanno molto spazio, visto che il film è interamente incentrato sulla figura di Richard, forse anche troppo.
Il punto forte della pellicola è senza alcun dubbio Will Smith, interprete di Richard Williams che, in apparenza, potrebbe sembrare il classico padre ingombrante per il futuro delle sorelle Williams, ma la sua interpretazione mette in evidenza l’ambiente sociale complicato dal quale sono partite. Crescere a Compton non è una passeggiata per loro, perché in quella periferia le ragazze crescono circondate da coetanei protagonisti della criminalità.
Will Smith, con la sua interpretazione carismatica, riesce a creare quel legame di empatia con lo spettatore anche nel momento in cui egli non comprende le scelte fatte da Richard, e questo trascinamento emotivo regala drammaticità e maggiore convinzione alla sua interpretazione. L’attore americano è anche candidato come miglior attore protagonista, e grazie anche al suo personaggio, che è un classico ruolo da Oscar, ha grandissime probabilità di vittoria.
Il film in sé invece, seppur un lato tecnico molto valido e delle interessanti riflessioni sul tema del razzismo, non è al livello degli altri candidati allo stesso premio, ne paga la durata eccessiva e i membri del cast eccetto Will Smith. Non è un brutto film, ma non basta per aggiudicarsi la statuetta.
Voto: 7
LA FIERA DELLE ILLUSIONI - NIGHTMARE ALLEY
Per il suo ultimo film, Guillermo del Toro sceglie come ambientazione gli anni '40 e decide di raccontare le vicende di Stan, un uomo che lavora in un Luna Park e che è un abile truffatore, egli riesce infatti a manipolare le persone con grande facilità. Per mettere a segno al meglio i suoi imbrogli, l'uomo lavora con una psichiatra, Lilith Ritter, con lo scopo di estorcere con l'inganno del denaro agli spettatori. Il suo bersaglio sono i signori più potenti e quando un ricco impresario ed esponente dell'alta società fa visita al circo, Stanton sembra aver trovato la sua prossima vittima e chiede aiuto alla dottoressa Ritter per la truffa, ma qualcosa va storto.
Il film è uno dei più impressionanti e meglio riusciti tra quelli candidati; innanzitutto ha un lato tecnico superlativo: la regia è straordinaria e la fotografia è coinvolgente, piena di colori caldi, che però rispetto al solito trasmettono una certa ansia e insicurezza; quindi sono dei colori caldi che però ricoprono il ruolo come se fossero freddi. Esteticamente è un’opera che è una bellezza per gli occhi, anche perché abbraccia lo stile fiabesco di Del Toro, che questa volta però, realizza un film senza elementi fantastici come suo solito ma è completamente reale (o comunque molto verosimile). Quindi il film dona un’atmosfera magica e dai toni gotici utilizzando però il realismo, che non sembra tale proprio grazie alla messa in scena. Una scelta geniale che dà un valore in più alla pellicola, tutto questo è anche grazie alla trama e al luogo in cui si sviluppano gli eventi; infatti sono proprio le illusioni a rendere possibile questo contrasto realismo-finzione perfettamente riuscito.
Un altro pregio del film è il cast, gli attori sono bravissimi ed interpretano dei personaggi molto complicati; partendo da Bradley Cooper, che da protagonista assoluto della pellicola offre una delle sue migliori performance di sempre. Cate Blanchett non è da meno e funziona alla grande come co-protagonista, mentre tutti gli altri sono perfetti per i loro ruoli e riescono a incidere in modo convincente, soprattutto Willem Dafoe.
Del Toro racconta la parabola tragica del protagonista Stan, un personaggio che cerca di elevarsi, di migliorare la sua condizione, di scansare le difficoltà della vita attraverso l’inganno ma condannandosi a sprofondare. “La fiera delle illusioni - Nightmare Alley“, è dunque uno dei migliori film candidati, e Del Toro si meriterebbe di portare a casa la statuetta più prestigiosa.
Voto: 9
DUNE
“Dune”, diretto dal regista canadese Denis Villeneuve, è il film che ha avuto più successo tra quelli candidati a miglior film. Infatti la pellicola con Timothee Chalamet protagonista ha incassato più di 400 milioni, attirando una grande quantità di pubblico in sala.
Il film è ambientato in un lontano futuro, e si svolge sul pianeta Arrakis, detto "Dune" a causa delle sue caratteristiche sabbiose. Arrakis è l'unica fonte della spezia, una sostanza importantissima e potentissima presente nella sabbia, essa conferisce diversi doni ed è voluta da tutte le forze più importanti dell’universo. Il protagonista di “Dune” è il giovane Paul, è interpretato da Timothee Chalamet che si è calato perfettamente nella parte; egli figlio del Duca Leto Atreides, che ha preso in gestione il pianeta sabbioso. Il film, considerato come un mix tra “Star Wars” e Il “Signore degli Anelli”, è un’enorme introduzione ad un nuovo e vastissimo universo, che sarà il luogo protagonista per una nuova saga, visto che già il secondo capitolo è stato confermato. Il regista punta molto sull’estetica, che risulta mozzafiato; a partire dai costumi azzeccatissimi ed impressionanti, tra l’altro candidati anche loro agli Oscar, come tutte le categorie tecniche del film. Infatti, la componente che riguarda montaggio, fotografia, sonoro ed effetti speciali è di un livello superlativo; purtroppo non è stata candidata la regia di Villeneuve, che è spettacolare e merita sicuramente. “Dune” visivamente è un’esperienza magnifica che va vissuta nella sala più grande che si ha a disposizione, la fotografia in particolare fa entrare lo spettatore nel mondo che il regista sceglie di esplorare, e crea un eccezionale contrasto tra luce e oscurità.
Quindi visivamente è un film perfetto ed è uno spettacolo per gli occhi dello spettatore, ma ha un difetto; è un film pienamente introduttivo e va bene, ma la trama, seppur scritta in modo convincente, in due ore e quaranta minuti di visione non viene sviluppata granchè. In più ill finale è molto tronco ed è troppo evidente che ci sarà una seconda parte, ci sono state molte critiche su questo aspetto e possono essere benissimo condivise.
In conclusione però “Dune” è uno dei migliori film di questa categoria, Villeneuve realizza una pellicola che all’esterno ha l’aspetto di un classico blockbuster di fantascienza, ma in realtà all’interno nasconde un bellissimo film autoriale. Forse non vincerà il premio più ambito, ma può abbastanza tranquillamente portarsi a casa le statuette che riguardano le categorie tecniche, perché sono eccelse.
Voto: 9,5
BELFAST
Tra un giallo di Agatha Christie e l’altro, Kenneth Branagh viene candidato agli Oscar per “Belfast”, un film in bianco e nero ambientato negli anni '60 durante l'inizio dei Troubles, ovvero il conflitto nordirlandese, che ebbe inizio nel 1968 per durare ben trent'anni.
Il luogo in cui si svolge il tutto, come si può facilmente intuire dal titolo, è la città di Belfast, che viene soppiantata da un malcontento generale, che vede formarsi due fazioni, cattolici contro protestanti. Iniziano varie rivolte e numerosi attacchi, fino ad arrivare ad una vera e propria guerra civile; quindi l'infanzia del piccolo Buddy, il vero protagonista di questa pellicola, è segnata. Il film all’apparenza può non attrarre, forse a causa della scelta di farlo in bianco e nero, che di solito non suscita molto interesse alla massa; infatti “Belfast” non è andato molto bene al botteghino, anche a causa della sua uscita nello stesso periodo di un certo “The Batman”. Ma non bisogna mai giudicare il libro dalla copertina; perché “Belfast” non solo è davvero un bel film, ma è anche molto godibile e poco pesante. “Belfast” è un film fatto col cuore, perchè Kenneth Branagh ci mette tutto se stesso; inoltre il personaggio del piccolo Buddy è proprio una rappresentazione del regista da bambino, egli infatti mostra la sua passione per il cinema e il suo legame per la città nordirlandese tramite gli occhi del piccolo protagonista. Tutta la passione che ci mette il regista viene percepita dallo spettatore che si emoziona di fronte ad un'opera in cui il regista omaggia pienamente le sue origini (infatti Branagh è nato a Belfast da una famiglia protestante della classe operaia) ma mai esagerando e sfociando in un biopic, perchè non è quel tipo di film, ma vuole raccontare una storia nuova. Anche il lato tecnico è buono, la fotografia e la cura delle immagini sono impressionanti e la regia è caratterizzata da efficaci primi piani e inquadrature dal basso, che creano la dinamicità necessaria ad una sceneggiatura piena di dialoghi vivaci e momenti poetici.
Le possibilità di “Belfast” di vincere sono alte ma la concorrenza ovviamente è alta, tuttavia il film è candidato in 7 candidature diverse, ed ha molte possibilità di portarsi a casa qualche statuetta, magari quella di miglior regia a Branagh.
Voto: 8,5
WEST SIDE STORY
Steven Spielberg e il suo primo musical, “West Side Story”, remake del classico musical del 1957 con le musiche di Leonard Bernstein, che nel 1961 dette origine al film di Robert Wise e Jerome Robbins vincitore di 10 premi Oscar.
La storia di fondo dal quale il musical si ispira è quella di Romeo e Giulietta di Shakespeare, ma ambientata negli anni ‘50 in una moderna metropoli divisa dal razzismo e pregiudizi. Si seguono le vicende di due gang, i giovani immigrati portoricani Sharks, capeggiati da Bernardo, e gli americani bianchi Jets, con a capo Riff; le due bande lottano per il controllo del territorio del West Side newyorkese e si scontrano ripetutamente per le strade. Durante un ballo a cui partecipano entrambe le fazioni, Maria, sorella di Bernardo, e Tony, un bravo ragazzo ex membro dei Jets, si innamorano a prima vista. La loro storia, appena iniziata verrà infranta dal clima d'odio che divora le due comunità, quindi proprio come la storia di Romeo e Giulietta. Spielberg padroneggia la macchina da presa alla perfezione; è capace di fare andare giù pure un genere che non piace; se poi il genere piace, è fatta. Il film ha una scenografia e una regia straordinaria e rappresenta la visione di Spielberg di un musical classico; lo stile del regista si nota nella maestosità di alcune scene, seppure sia un genere in cui non lo abbiamo mai visto affacciarsi (infatti, è il suo primo musical). La gestione degli spazi è notevole e c’è una certa geometria stilistica che prevarica in tutta la durata del film. A proposito della durata, due ore e mezza per un musical sono davvero troppe, in più, certi punti della pellicola non sembrano necessari al cento per cento. In questa versione di “West Side Story”, la sceneggiatura ha la funzione di colmare alcuni elementi che nell’opera originale erano solo abbozzati o superficiali, come ad esempio alcuni aspetti della caratterizzazione dei personaggi, approfondendone il passato e dandone un ritratto più sfaccettato e profondo, in cui aspirazioni e motivazioni di ogni personaggio risultano chiare e comprensibili.
Anche qui ci troviamo di fronte a un bellissimo film, che forse paga un po’ la durata ma che sicuramente ha molte chance di sbancare agli Oscar, come miglior film sarà forse un po’ difficile, ma Spielberg è candidato alla miglior regia e anche il sonoro del film non scherza.
Voto: 8

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