SPIDER-MAN: NO WAY HOME RECENSIONE

SPIDER-MAN: NO WAY HOME (2021)


“Spider-man: No Way Home” è il classico film che se guardato al cinema viene apprezzato nettamente di più rispetto ad una visione a casa. Perché il terzo capitolo dedicato allo Spider-Man di Tom Holland ha numerosi difetti, che però passano tutti in secondo piano grazie all’incredibile emozione che il grande schermo della sala trasmette, in particolare per questo tipo di film. C’è da dire che la Marvel è stata incredibilmente furba, ha creato un vero e proprio film evento quasi ai livelli di Infinity War ed Endgame, ma soprattutto, è riuscita a tirare fuori un argomento come il multiverso, che non solo attira molto i fan (grazie anche a un fattore nostalgia) ma è anche un interessante fonte di curiosità per il futuro della saga, si aprono infatti un sacco di possibilità di incontrare più avanti altri personaggi che non fanno parte dell’MCU, per esempio gli X-Men della Fox. 

Un’altra caratteristica del quarto film della fase 4 è la diversità rispetto a tutti gli altri prodotti Marvel; infatti, il film presenta una trama mai vista in un cinecomic, proprio grazie all’arrivo di personaggi provenienti da altri universi cinematografici. Ma se da un lato la trama è molto diversa, i temi del film sono un qualcosa di già visto nei cinecomic, soprattutto in quelli dell’uomo ragno: la perdita di qualcuno di importante, la vendetta fisica che non è mai una buona strada e il fatto che da un grande potere derivano grandi responsabilità; tutti elementi che troviamo in ogni film di Spider-Man. Anche la struttura narrativa è qualcosa di visto e rivisto nei cinecomics Marvel: l’eroe che fronteggia un pericolo, viene sconfitto da esso, trova uno stimolo per batterlo, e ne esce vincitore; è esattamente questo che succede in No Way Home. 

Personalmente non mi da mai fastidio il fanservice nei film, ma qui ad un certo punto è decisamente troppo; in quasi tutto il terzo atto, soprattutto nella scena della battaglia finale sulla Statua della Libertà sembra di assistere ad un fanmovie, capisco pienamente chi critica questo film per questo motivo. Il fanservice risulta pesante e abbastanza telefonato da quando arrivano gli Spider-Man di Maguire e Garfield, perché in tutta la parte prima con i vari villain è stato dosato in modo intelligente e senza esagerare. Parlando dei villain, risultano estremamente riuscite le caratterizzazioni di Octopus e Goblin, ma gli altri sono abbastanza dimenticabili, scritti in modo superficiale e non rispettano pienamente le caratterizzazioni dei vecchi film, come Electro, che è totalmente diverso. é lo stesso Electro che causa uno dei buchi di trama più grandi del film, quando Andrew Garfield si toglie la maschera e lui risponde che se lo aspettava nero; ciò vuol dire che non conosce Peter Parker (cosa che viene confermata anche in “The Amazing Spider-Man 2”) e allora non dovrebbe essere stato attirato nell’universo di Tom Holland, visto che non sa la vera identità dell’uomo ragno, a differenza di tutti gli altri. Oltre a questo buco di trama, ci sono alcuni espedienti narrativi che lasciano lo spettatore con un punto di domanda, per esempio: perchè l’incantesimo di memoria non è stato utilizzato in passato contro Thanos, o perché Ned riesce ad usare subito la magia mentre Doctor Strange ha dovuto allenarsi duramente? Non sono errori clamorosi, ma sono dettagli che non passano inosservati se si conosce il Marvel Cinematic Universe. 

Lo sto descrivendo come se fosse un brutto film, ma al contrario, “Spider-Man: No Way Home” mi è piaciuto e ha anche diversi pregi. A partire dai primi 15 minuti, in cui viene sottolineato il peso psicologico della scoperta dell’identità di Spider-Man e le conseguenze che ciò porta ai suoi amici e ai suoi familiari; era un dettaglio che rischiava di essere tralasciato dopo il finale di Far From Home ma hanno fatto davvero un buon lavoro. Un altro pregio di questo cinecomic sono ovviamente gli effetti speciali, che vengono esaltati ancora di più dal grande schermo della sala, in particolare nello scontro tra Peter e Strange nella dimensione specchio si sono superati. Nonostante dal loro arrivo il fanservice inizi a diventare pesante, i due Spider-Man contribuiscono a una delle migliori scene della pellicola: il dialogo sul tetto con Tom Holland, in cui nasce un vero e proprio confronto fra i tre personaggi, che ricordano come ognuno di loro abbia perso una persona importante e come sono riusciti a superare le difficoltà; è una scena molto interessante che sottolinea come ognuno dei tre sia soprattutto un uomo prima di essere un eroe.

Chiudiamo in bellezza, perché il più grande pregio del film però è la caratterizzazione e l’evoluzione del Peter Parker di Tom Holland, che con tutti questi elementi in gioco (i villain e gli altri Spider-Man) rischiava di venire “schiacciato” o messo in disparte, in realtà ne esce esaltato e assoluto protagonista, quindi la pellicola riesce nel suo intento primario, creando un vero e proprio Endgame per la trilogia dell’uomo ragno dell’MCU. 

Voto: 7,5







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