JURASSIC WORLD: IL DOMINIO RECENSIONE

JURASSIC WORLD: IL DOMINIO (2022)

 



La nuova trilogia della saga Jurassic si conclude con “Jurassic World: il dominio”, che almeno in teoria doveva essere il finale definitivo di questa saga iniziata nel 1993, con un grande cult della storia del cinema come “Jurassic Park” di Steven Spielberg.

Le premesse erano buone e gli sceneggiatori avevano l’occasione di poter sviluppare la trama con i dinosauri in giro per il mondo a piede libero, un elemento che non avevamo mai visto negli altri film (apparte nel finale di Jurassic Park 2), in cui c’era sempre un parco o un’isola a separare i dinosauri dall’ambiente urbano. Ma ora che non si può tornare indietro, non resta che guardare al futuro e imparare a convivere con questi animali che senza l’intervento umano non sarebbero in vita e tantomeno in giro per il mondo. In questo modo, al tema etico ed ecologico che era presente (seppur in modo poco efficace) anche nel capitolo precedente “Jurassic World: il regno distrutto”, si aggiunge anche la questione della responsabilità umana; di fronte a uno sviluppo tecnologico che da una parte mette in risalto l’avidità e l’ambizione dell’uomo e dall’altra rappresenta una speranza per guardare all’umanità e al rapporto con le altre specie in un modo nuovo e non gerarchico. Nel film si nota che il regista aveva l’intenzione di sviluppare questi ragionamenti, che infatti vengono sfiorati più volte, ma sempre in modo superficiale, dispiace purtroppo che un tema così interessante e promettente non sia stato trattato in modo più approfondito. 
Spostandosi dai temi ai personaggi, troviamo anche qui dei problemi che ormai sono comuni di ogni saga reboot degli ultimi anni; pensando alla nuova trilogia di Star Wars o agli ultimi film dei Ghostbusters, utilizzare di nuovo gli stessi personaggi dei film storici di queste varie saghe non è mai il massimo, è sempre una strategia basata sulla nostalgia del pubblico ma che alla fine presenta dei problemi di caratterizzazione del personaggio o di narrazione della trama, che dovrebbe invece concentrarsi totalmente sulle vicende dei nuovi protagonisti. In questo caso, per unire il vecchio cast e il nuovo, il regista Colin Trevorrow organizza la storia in due linee narrative: da una parte Claire e Owen vivono in una baita isolata con Maisie Lockwood, la ragazzina del secondo film, clone della figlia di Benjamin Lockwood, il creatore del Jurassic Park insieme a John Hammond. Dall’altra Ellie Sattler, che ora studia l’impatto del nuovo ecosistema sulle produzioni agricole, inizierà, insieme a Ian Malcolm e Alan Grant, a indagare su una multinazionale sospetta, alla quale è capo Lewis Dodgson, l’antagonista del primo Jurassic Park. Però succede che Ellie, Grant e Ian finiscano in un’avventura in modo quasi casuale, solo per far salire la nostalgia ai fan, come in una reunion. Questa impostazione purtroppo influenza la prestazione di Laura Dern, Sam Neill e Jeff Goldblum, che non è particolarmente memorabile, nonostante si tratti di interpreti di indubbio talento. Difficile, però, fare di più, quando la sceneggiatura di partenza non è particolarmente brillante e non fa nessun tentativo per costruire personaggi capaci di coinvolgere il pubblico, soprattutto quando questi hanno già detto tutto nei precedenti capitoli. Per quanto riguarda i personaggi della nuova trilogia invece, vengono approfonditi meno rispetto ai precedenti capitoli, proprio perchè devono cedere un po’ del loro screentime ai vecchi protagonisti. L’unico soggetto sul quale Trevorrow insiste è Claire, perché la sua volontà di proteggere Maisie dovrebbe essere il fulcro emotivo del film, ma ciò non viene trasmesso in modo efficace e alla fine si ha solamente una rappresentazione stereotipata del ruolo materno. Per quanto riguarda i nuovi personaggi che vengono introdotti, sono piatti e veramente dimenticabili, usciti dalla sala non ci si ricorda nemmeno più i loro nomi.
In ogni caso, alla fine quando si va a guardare certi film non ci si interessa davvero a nessuno dei personaggi umani, perchè la scena la prendono i dinosauri, qui realizzati per la maggior parte da una buona CGI, e relegati a elemento di contorno. I dinosauri in questo capitolo smettono di essere esperimenti genetici e mostri da laboratorio, ma diventano delle vere e proprie specie in via d’estinzione, di cui gli umani sono responsabili e che quindi ora devono battersi per ciò che hanno creato. È una prospettiva ingegnosa su cui si sarebbe potuto costruire anche un film diverso, ma invece si tende a rispettare lo stile di ogni film Jurassic che si rispetti, passando da un genere all'altro per poi arrivare alle atmosfere più thriller. Purtroppo manca quel pizzico di violenza che caratterizzava gli altri film, persino i due Jurassic World avevano alcune scene di sangue perfettamente idonee con lo stile della saga. Spielberg ci aveva abituato alle mutilazioni e all'horror subliminale coi primi due film, ma quest’ultimo capitolo in particolare sembra più un’avventura per famiglie e si conteggia un numero bassissimo di morti e feriti in bella vista, che per un film ambientato in un mondo in cui degli animali preistorici sono a piede libero non è il massimo…

C'è da dire che “Jurassic World: Il dominio” ha un grande pregio; pur essendo un film davvero lungo, con la durata di quasi tre ore, non annoia mai. Anche perché, superato un prologo tranquillo,si parte subito in quarta con una scena d'azione dietro l’altra. Non si riprende fiato praticamente mai e quando succede si pensa subito al prossimo spavento. La varietà di situazioni cattura l'interesse dello spettatore e non c'è un momento che sia simile a quello precedente: inseguimenti per le strade, disastri aerei, grotte, giungle, laboratori sotterranei, c'è veramente di tutto e si passa così in fretta da una scena all'altra che qualche volta vengono fuori i difetti del montaggio, che tradisce la frettolosità della sceneggiatura. Un’altra osservazione evidente è come questo film cerchi di rimediare alla narrazione pigra e approssimativa con citazioni che rimandano a situazioni del passato, anche riferite ad altri franchise: tutta la parte a Malta per esempio, ricorda incredibilmente i film di Bond o di Mission:impossible. 

Per concludere, il risultato finale è un film d'avventura molto coinvolgente e che non annoia nemmeno per un istante. Le scene in cui i personaggi scappano o si nascondono dai dinosauri sono spettacolari e tengono col fiato sospeso lo spettatore. Ma il tutto lascia anche un po’ con l’amaro in bocca; perchè rimane il fatto che partendo da quella premessa, supportata da una storia coerente, si sarebbero potute dire tante cose sul tema della sopravvivenza e sul rapporto tra specie. Trevorrow aveva davvero l’occasione di creare un gran film, ma si è limitato al compitino senza rischiare (compitino che è comunque fatto meglio dei due precedenti capitoli), peccato, poteva essere un 9 ma alla fine è un 7,5
 
Voto: 7,5






 

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